Gestione della videosorveglianza e GDPR: nuove tecnologie e riconoscimento facciale

I vantaggi di installare sistemi di videosorveglianza in aziende e studi privati sono innegabili, innanzitutto perché sono il principale deterrente contro azioni criminali e vandaliche. C’è però un fattore intrinseco che deve essere valutato attentamente: il rispetto della privacy.

La regolamentazione in materia di videosorveglianza è assai complessa e risulta essere disciplinata da un ampio ventaglio di norme messe a punto dal Garante della Privacy. L’installazione di sistemi di rilevazione delle immagini deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell’ordinamento applicabili: ad esempio, le vigenti norme dell’ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, o in materia di controllo a distanza dei lavoratori.

Videosorveglianza: i principi stabiliti dal Garante della Privacy

L’attività di videosorveglianza è particolarmente invasiva. Per questo il Garante per la Privacy ha fissato alcuni principi che devono essere sempre rispettati.

  • Principio di liceità: la videosorveglianza deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, di altre norme sull’installazione di apparecchi audiovisivi.
  • Principio di necessità: va escluso l’uso superfluo, eccessivo e ridondante delle apparecchiature.
  • Principio di proporzionalità: gli impianti di videosorveglianza possono essere installati solo quando altre misure sono state insufficienti o inattuabili.
  • Principio di finalità: gli scopi perseguiti devono essere determinati, espliciti e legittimi.

In base al principio di responsabilizzazione (art. 5 del GDPR), spetta al titolare del trattamento valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Il titolare del trattamento deve, altresì, valutare se sussistano i presupposti per effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati prima di iniziare il trattamento.


Regole del GDPR sulla videosorveglianza con riconoscimento facciale


Attualmente, la videosorveglianza con riconoscimento facciale è un tema che presenta non poche controversie. Si tratta di una tecnologia che sfrutta le potenzialità dell’intelligenza artificiale e, in quanto tale, è sotto stretta osservazione da parte del Garante della Privacy.

Nonostante alcune istituzioni abbiano sostenuto fermamente l’importanza dell’installazione di sistemi di riconoscimento facciale al fine di garantire la sicurezza dei cittadini, la decisione del Garante della Privacy è chiara: assolutamente vietato installare sistemi di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici. Senza eccezione alcuna, “salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero”.

Sul luogo di lavoro, il Garante della Privacy ha decretato l’impossibilità di utilizzare tecnologie di riconoscimento facciale. L’Autorità ha, infatti, messo in guardia dall’uso di dispositivi video che possano comportare, anche indirettamente, un controllo a distanza sulle attività del lavoratore.

La circolare n.5 del 19 febbraio 2018 dell’Istituto Nazionale del Lavoro illustra che l’orientamento
giurisprudenziale tende ad identificare come luoghi soggetti alla normativa in questione anche quelli
esterni dove venga svolta attività lavorativa in modo saltuario o occasionale (ad es. zone di carico e scarico merci). La Corte di Cassazione penale (sent. n. 1490/1986) afferma, infatti, che l’installazione di una telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso anche occasionalmente, deve essere preventivamente autorizzata da uno specifico accordo con le
organizzazioni sindacali ovvero da un provvedimento dell’Ispettorato del lavoro.


Blocco del riconoscimento facciale in Italia: i motivi


Il blocco del riconoscimento facciale in Italia è in linea con quanto descritto nell’Ai Act, ovvero il Regolamento Europeo riguardante le plurime applicazioni dell’Intelligenza artificiale, approvato dal Parlamento Europeo a giugno 2023.

Il regolamento include il divieto di utilizzare sistemi di analisi biometrica che danno vita a due fondamentali problematiche: da una parte, la violazione della privacy, dall’altra la possibilità che possano verificarsi episodi di discriminazione.

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